A me piace la superficialità, nello stesso modo in cui amo la profondità.
Superficialmente si definisce “gioco da tavolo”, un gioco che necessita di un tabellone o plancia. Ma in realtà (e quindi guardando in profondità) il gioco da tavolo non si riesce a definire in un modo univoco. O meglio, esistono molte definizioni di gioco da tavolo, ciascuna corretta ma nessuna talmente precisa da diventare LA definizione.
Scavando in profondità – nel vero senso del termine – si è scoperto nella tomba egiziana di Merknera, un gioco da tavolo chiamato Senet, risalente al XXXIII a.C.
Si è sempre giocato, da quando ne abbiamo memoria. Ci sono stati periodi bui dell’umanità in cui si è pensato che il gioco fosse adatto solo ai bambini, negli ultimi anni invece stiamo vivendo un rinascimento del gioco in generale e del gioco da tavolo in particolare.
Nelle ultime 24 ore le statistiche ci dicono che potrebbe esser stati pubblicati nel mondo, più di duecento giochi da tavolo nuovi.
I giocatori naturalmente non si pongono il problema di definire il “gioco da tavolo”. Loro conoscono la definizione più viscerale e autentica possibile, si potrebbe dire che “sentono” il vero significato del gioco da tavolo mentre giocano.
Se avete voglia di “sentire” il significato del gioco da tavolo quindi non rimane che giocare. Sul significato di “giocare” invece pare siano tutti d’accordo.
Prendi un dado. Lancialo. Stai giocando?
Prendi un dado. Devi avvicinarti il più possibile a 12 con massimo 3 lanci, se fai un numero più alto hai perso. Lancia il dado. Stai giocando?
Prendi un dado. Coinvolgi un amico, prima di lanciarlo scommetti su quale numero uscirà. Puntate 1 euro a lancio, chi indovina il numero vince il banco. State giocando?
(Cristian Confalonieri)