Belgrado

Una città di corsa, una città in costruzione, la città più brutta del mondo nel posto più bello del mondo (secondo Le Corbusier), una città zingara, una popolazione nomade. Con le ragazze più belle del mondo… Eppure quelle ragazze non lo sanno, e continuano a spostarsi, a correre, a osservare con sguardi lunghi e distratti, adocchiando qualcosa di sospeso e lontano, perché la gioventù non dura mai per sempre. Presto Belgrado le trasformerà, perché a Belgrado non c’è nulla che duri, è una mutazione, una farfalla di tempo implacabile, dove due grandi fiumi s’incontrano, la Sava e il Danubio, su sette colline.  

I fiumi si mescolano intorno alla cosiddetta Isola della Guerra, e con loro le culture: due grandi imperi, oggi entrambi decaduti e scomparsi, la civiltà cristiana austroungarica con i suoi re guerrieri e assassini… e l’impero ottomano, il crogiolo multinazionale musulmano che dominò per secoli. Per secoli i due imperi si scontrarono senza sosta lungo il Danubio nelle loro immense e sanguinose campagne, distruggendo e ricostruendo fortezze, villaggi e città. Persino Solimano il Grande morì segretamente in questa città durante una di quelle imprese.

Oggi ci rimangono i resti di numerose guerre senza vincitori, compresi i moderni “conflitti congelati”. Una bestia selvaggia multinazionale, che cresce come Frankenstein in tutte le direzioni a seconda di chi la alimenta, la ricuce, le ridà vita. Scienziati pazzi, architetti pazzi, imprenditori pazzi, serbi russi americani, arabi, persino italiani. Qui fu creato il “movimento dei non allineati” del Maresciallo Tito, i popoli balcanici, perfino gli indiani, impegnati in commerci e negoziati. Il primo incontro femminista tra oriente e occidente dell’epoca moderna avvenne a Belgrado, un femminismo in grado di battere la Guerra Fredda in termini di sconvolgimento e clamore mediatico.

Andate a Belgrado, almeno una volta nella vita, e respirate l’aria di primavera: a Belgrado esistono ancora le quattro stagioni, che possono verificarsi nell’arco di quattro giorni. Nel giro di una settimana sentirete l’odore di un anno intero, dallo smog ai fiori. Ascoltate la musica che proviene dalle innumerevoli chiatte attraccate alle sponde che sembrano non finire mai; “turbo folk”, la lingua nativa di un popolo che gira come una turbina. Non dimenticatevi di acquistare il biglietto di ritorno, perché qui potreste perdervi, rimanere ammaliati da una bellezza di passaggio e incatenati alla filosofia eterna di Belgrado: godetevi ogni giorno, perché il prossimo potrebbe essere quello del giudizio.

(Jasmina Tešanović)