Riproduzione e/o estensione dell’occhio?
In una società dominata dalle immagini digitali potrebbe sembrare anacronistico immaginare, se non addirittura costruire, una camera oscura. In realtà forse è proprio perché il digitale ha reso tutto più semplice e automatico (tu pigi un bottone e il resto lo fa un circuito elettronico, per parafrasare una famosa pubblicità) che a volte ci dimentichiamo di come certi processi si generano o si creano.
Se c’è un foro c’è un’immagine, ed è così che il nostro occhio funziona. Un semplice effetto ottico produce immagini in continuazione che il nostro occhio autonomamente registra anche se non c’è una ragione apparente per farlo (J. Brodskji, “Fondamenta degli incurabili”).
Così funziona anche una camera ottica che proietta sullo sfondo immagini a ciclo continuo e, come l’occhio, anche lei non vede mai se stessa se non in uno specchio.
Uno spazio oscuro per indagare lo spazio circostante e che potrebbe suggerire nuovi punti di vista e nuovi utilizzi, ma anche se vogliamo dei nuovi spazi o delle nuove estetiche “digitalmente analogiche”.
(Mariano Dallago)