Confine

Il confine è un elemento, più o meno visibile o materico, che individua, delimita e distingue un’entità da ciò che è altro. Dal latino con-finis → finis = fine – anticipato da – con = prefisso che indica unione, partecipazione, collegamento.

Il confine racchiude nella sua etimologia un sintomo di relazione. 

Rispetto al binomio confine-relazione non posso non ricordare un fenomeno, per me affascinante, studiato dai neurofisiologi, di cui ho letto nel saggio del filosofo Carlo Sini, “L’incanto del ritmo”. Il bambino, prima di nascere, quando è un essere non ancora diviso dalla madre, dimostra, attraverso tracciati cerebrali, di percepire il ritmo del cuore materno. Qui avverte che il pulsare del suo sangue non è più un tutt’uno con il pulsare della madre e quindi con la madre stessa. Piuttosto ha il ritmo della madre, lo ascolta, lo percepisce, e in una certa misura, che non sappiamo quale sia, lo riconosce, ne fa esperienza.

Mi viene da dire allora che in questo fenomeno si sperimenta il primo confine, ovvero la prima individuazione di sé da ciò che “sé” non è, dando luogo così alla prima relazione.

In un intervento sul’Io, l’altro e l’oltre, lo psicoterapeuta Alberto Alberti spiega che, perché la relazione tra noi e l’altro avvenga, dobbiamo fare un lavoro di distinzione, quindi delineare un confine, non solo di noi dall’altro, ma anche dell’altro da noi. Quindi oltre ad affermare io sono me stesso, non sono l’altro, affermiamo che l’altro non è me, è sé stesso, sottraendoci alla dinamica che vede l’altro come un tu relazionato a un io, e non a un altro io che esiste indipendentemente da noi.

Ammettendo questa distinzione, non ci separiamo dall’altro, ma predisponiamo lo spazio per l’incontro, la soglia.

(Giulia Palaia)