IoT: Internet of Things, o, in italiano, internet delle cose.
Un termine ormai diventato popolare per indicare quegli oggetti che hanno la capacità di raccogliere e scambiare informazioni con noi e con altri oggetti.
Molti di noi hanno in casa una lampadina che possiamo far accendere o spegnere chiedendo al nostro assistente vocale di farlo per noi; molti avranno usato un monopattino, una macchina o uno scooter in sharing, utilizzando un’App, o altri avranno aperto casa attraverso il loro cellulare, o abbassato la temperatura dei termosifoni mentre usciva dall’ufficio.
Solitamente gli oggetti connessi alla rete sono anche “smart”, intelligenti, ovvero oggetti che attraverso l’utilizzo di sensori ed attuatori raccolgono, o restituiscono, dati e informazioni.
L’IoT non si applica solo a singoli oggetti, ma questi, connessi tra loro, formano veri e propri sistemi di oggetti che diventano a loro volta veri e propri servizi.
Il lato affascinante degli oggetti connessi, se ci riflettiamo, è la loro capacità di avere una “doppia esistenza”: questi oggetti per la caratteristica stessa di essere connessi alla rete, hanno una vita fisica e una vita digitale e stanno a metà tra questi due mondi ormai sempre più in comunicazione.
La complessità della loro progettazione sta proprio in questa doppia vita: nel riuscire a coniugare il loro aspetto fisico, con le potenzialità che esprimono nel digitale.
Per il designer si apre una sfida complessa, ma affascinante. Ogni passo deve essere pensato e progettato per mantenere coerenza e senso.
Nel 1952 Ernesto Nathan Rogers diceva: “Dal cucchiaio, alla città”, adesso potremmo dire che la sfida è: “Dal termostato smart, alla smart city.
(Alessandro Squatrito)