Una traccia di musica elettronica. E’ come se mi stesse raccontando una storia dettaglio per dettaglio.
Mi sento abbastanza strana in questo periodo.
Per me era: il fine settimana andare a ballare. Punto. Come ti posso dire, come per un religioso andare a messa.
Per me il fine settimana purtroppo non esiste più.
Io Milano non riesco proprio ad immaginarmela senza musica elettronica.
Sto ballando tantissimo a casa, ancora più di prima, con un volume ancora più alto di prima, per la grande gioia dei miei vicini. Metto la Techno a palla e me la ballo, perché mi manca troppo quella sensazione.
Si suona a casa, si balla con mamma, si balla con la compagna.
Forse è uno dei momenti più creativi che riesco a vivere della mia quotidianità.
Io non ho mai smesso di ballare.
Per me ballare è una delle cose più importanti, penso, della mia vita.
Sento proprio un’energia arrivare dal centro della terra.
E’ qualcosa di inspiegabile, così come è inspiegabile l’amore, così come non riesco a spiegare la felicità, la rabbia.
Mi manca troppo svegliarmi e avere la ‘gaina’ perché so che la sera andrò ad ascoltare alla fine l’unica musica che riesce a far muovere il mio corpo senza che io neanche lo voglia.
Per me rappresenta davvero la mia seconda famiglia.
Sei appositamente lì, per ascoltare la persona che sogli di ascoltare da tempo e sei come un ragazzino con la sua prima bicicletta.
Come se fosse stato un ritiro spirituale, siamo andati: tutta la giornata in ansia e poi ci siamo trovati lì, incantati.
Eravamo in pista stavamo andando verso verso il bar, quando è partita “Joys” di Roberto Surace: è stato un momento veramente epico, perché ci siamo guardati, siamo impazziti, ci siamo messi a ballare.
Quando il set entrava nel pieno dell’ospite principale e tutti i ragazzi creavano il cerchio, dove si aspettava il drop, per iniziare a ballare.
A un certo punto ho visto che Nicco, il mio coinquilino, non sapeva come dare espressione a quello che stava provando; non aveva più movimenti, né parole per descriverlo.
Stare insieme, sudare, in un posto; quindi sentire tanti corpi che ballano.
E quegli sconosciuti, che poi in fondo no sono degli sconosciuti, ma sono persone che stanno condividendo qualche cosa di forte con te.
Siamo andati in paradiso direttamente.
Tu ti dimeni e stai lì e tutta questa energia fortissima che ti circonda.
Io anche solo che ne parlo, sento i brividi.
Io penso assolutamente che ci sia una fondamentale funzione sociale della musica in questo suo potere di mettere insieme le persone e di farle vivere delle esperienze di grande libertà e di grande estasi, molto in contrasto con la vita – diciamo – normale.
Quando ballo sento il corpo; sento la vita che fluisce nel corpo.
Io vorrei che non finisse mai.
Voler ballare fino alle 8 di mattina, è sempre quello: cambia il luogo, cambiano i DJ, cambia la musica, cambiano i ritmi, però le emozioni, tutto quello che sta dentro a quella notte, dietro a quel rito, sono assolutamente identici.
E’ un’esperienza profondamente umana; forse una delle poche che rimane profondamente umana.
E’ un po’ come l’acqua il movimento, la danza, la musica: trova sempre il suo spazio, si adatta.
Non so dire quando si ballerà di nuovo, ma non vedo l’ora di poterlo fare e soprattutto non smetterò mai di farlo. Mai.
(da un’idea di Andrea Amichetti)
Testo trascritto da: “TEMPO – Dancing and the pandemic” – un film di Niccolò Natali, prodotto da Zero & Santabelva, Milano 2020