Futuro

Viviamo all’interno della fantascienza.

Il paradosso della fantascienza è dato dal fatto che, dall’interno della nostra cultura dell’iper realtà, non abbiamo accesso al futuro. Ci manca la creatività selvaggia necessaria per aprire questa porta della percezione.

Il futuro affermativo è un progetto di creative coding che è anche una forma di scrittura: un’epistemologia cibernetica ricorrente contro i modelli di controllo che dominano le nostre vite. Connettere i codici software al passato e al presente della scrittura è un progetto d’importanza cruciale. Guardare al software in chiave poetica significa allontanarsi dalla nozione acquisita che il codice sia un sistema notazionale formale, logico, numerico, combinatorio ed esclusivamente mirato al calcolo.

Significa comprendere invece la natura culturale, linguistica, poetica, estetica, risonante, musicale e semiotica del software. Guardare al software in chiave poetica significa capire la storia del software in retrospettiva sotto questa luce, ma anche enfatizzare consapevolmente la dimensione culturale e quella legata al linguaggio umano del software nell’informatica del futuro.

Tutti i livelli del software al di sopra del kernel possono rappresentare qualsiasi cosa. Può esistere un livello tecnico di conversione tra il centro digitale-binario e le applicazioni poetiche o legate al linguaggio umano alle zone esterne. 

La nostra resistenza alla liberazione del software dal kernel della logica razionale di calcolo è paradossalmente un modo superato del nostro umanesimo di rimanere appesi alla nostra convinzione della natura speciale degli umani: le qualità sublimi dell’anima e della consapevolezza che gli umani avrebbero e di cui, a nostro avviso, le macchine sarebbero sprovviste.
I media computazionali danno vita a una nuova poetica e i computer diventano macchine da scrivere e media fantasma. Esiste la possibilità che il creative coding diventi una sfida al concetto acquisito di programmazione, una trasformazione dell’informatica per mano degli artisti?

(Alan Shapiro)