Immaginiamo di voler festeggiare una ricorrenza importante con i nostri amici. L’idea è quella di andare a cena in un ristorante importante, magari un locale segnalato dalla guida Michelin. Si stabilisce dunque che tipo di cena abbiamo in mente, quanto si vuole spendere, quale è il temp massimo per il viaggio e poi (dati i vari vincoli appena menzionati) capiamo quale è il ristorante che fa al caso vostro. Magari alla fine rimangono due o tre possibili scelte. Allora entrano in campo le recensioni, TripAdvisor, magari si chiede un suggerimento a qualche amico che c’è ha già provato i diversi locali.
Adesso, immaginiamo invece che la ricorrenza venga celebrata con un pic-nic. Niente ristorante stellato, un bel pic-nic al parco pubblico. Come funziona, a grandi linee lo sapete. Si stabilisce un luogo e una data, e poi si danno compiti: chi porta il dolce, chi porta il vino. Chi porta questo e chi porta quello. Chi si occupa della musica, e via dicendo per tutti gli altri elementi che servono a garantire il successo dell’iniziativa.
Ovviamente, non si può dire che il pic-nic sia meglio o peggio del ristorante con la stella Michelin. Diciamo che sono due esperienze diverse. Se per voi la qualità del cibo è l’elemento più importante, allora il ristorante dalle recensioni perfette è sicuramente meglio rispetto al pic-nic (dove, rispetto al cibo che andremo a mangiare, c’è un elemento di alea non banale). Nel contempo, se invece siete curiosi, aperti all’imprevisto e all’inaspettato, amanti delle dinamiche di gruppo, allora il pic-nic è fatto per voi.
Rispetto al tema di questo libro possiamo dire che il pic-nic è figlio di design delle relazioni, è un grande esempio di disegno di relazioni.. Il relational design può essere esemplificato da un pic-nic al parco riuscito in maniera perfetta. Questo nulla toglie al ristorante di cui sopra, che vive però di progettualità altre. Due modi diversi di intendere il progetto. Uno aperto e generativo (il pic-nic), l’altro chiuso, lineare e predittivo.
(Stefano Mirti)