Il pomodoro si intrufolò in Europa agli inizi del XV secolo, divenne un ospite tollerato 150 anni dopo il suo arrivo e fu definitivamente adottato nel XVII secolo.
Le bacche gialle di “tomatl”, che crescevano nelle regioni desertiche lungo la costa occidentale dell’America del sud e sulle umide zone montane delle Ande settentrionali, venivano coltivate in Messico dagli Aztechi. Il guerriero-esploratore spagnolo Hernán Cortés portò con sé in patria alcune piante nel 1540. All’epoca le bacche erano ancora gialle, e molto simili alla velenosissima belladonna, eppure alcuni cuochi iniziarono a usarle. Dovettero però trascorrere alcuni secoli affinché le sue proprietà uniche venissero completamente apprezzate. Nel 1585, nell’Herbario Nuevo di Castor Durante, il botanico della corte francese Olivier de Serres descriveva il pomodoro come un cibo povero, o una graziosa pianta da balcone.
Quando due sistemi alimentari s’incontrano, si verifica una dinamica di attrazione e repulsione tipica del comportamento dei carnivori, categoria di cui la specie umana fa parte.
Un sistema alimentare è simile a un sistema linguistico in cui è possibile distinguere la struttura – la sintassi – e gli elementi – le parole – in questo caso, gli ingredienti. La struttura rimane intatta, mentre i nuovi ingredienti vengono semplicemente integrati nel sistema.
L’incontro tra i due continenti fu rivoluzionario dal punto di vista culinario ed ebbe un’importanza nettamente maggiore rispetto all’accumulo di ricchezze d’oro e d’argento importate in Europa. Gli spagnoli credevano di aver trovato El Dorado, mentre invece si ritrovarono in una sorta di Paese della Cuccagna. Rientrarono a casa con navi piene di patate, mais, tabacco, zucche, fagiolini, pomodori dell’epoca, cioccolato e vaniglia, che successivamente si diffusero attraverso l’Europa fino all’Asia orientale.
(Ko Sliggers)