Telegram

Per comunicare con persone distanti, l’uomo ha inventato il messaggio che nel corso della storia ha declinato in maniera diversa a seconda della tecnologia che aveva a disposizione: dalle pergamene, ai segnali di fumo, dai telegrammi alle e-mail, fino a trovarci oggi, inondati da messaggi, la maggior parte dei quali ci arrivano su smartphone.

La messaggistica istantanea ha rivoluzionato la nostra socialità, tant’è che non ne riusciamo più a fare a meno: in effetti che senso ha chiamare quando puoi inviare un messaggio? Su queste piattaforme, però, alle volte ci sentiamo spiati, come se le conversazioni non fossero al sicuro. Non solo. Ci ritroviamo spesso aggiunti in gruppi enormi da cui vorremmo uscire ma ci tratteniamo dal farlo per questioni di educazione. E che dire delle zie e zii che ci inviano quei memini del tipo “buongiornissimo kaffée!1?” oppure “bUoN MerColEdì!”? Un incubo.

Su queste piattaforme si arriva inevitabilmente a mescolare vita privata e vita professionale, creando un mix esplosivo che paradossalmente porta all’incomunicabilità.

E Telegram?

Telegram è una piattaforma ancora poco usata e spesso con diffidenza. Ha tanti pregi: chat segrete, messaggi che si autodistruggono, sticker animati, crittografia spintissima che garantisce l’anonimato più assoluto, tanti canali da seguire, possibilità di programmare bot di ogni tipo. Soprattutto, è una piattaforma ancora vergine, o almeno non è affollata come Whatsapp che con i suoi messaggi vocali interminabili, le decine di notifiche non controllate, il ghosting accidentale e non, è una sorta di Gomorra. Telegram a confronto è l’Eden, oppure una sorta di terra (virtuale) inesplorata, dove poter ricominciare da zero una comunicazione che potrebbe addirittura farci sentire a nostro agio.

(Stefano Malorni)